Un problema molto comune...
La lombalgia, ovvero il dolore alla parte bassa della schiena, è uno dei problemi più frequenti lamentati dai nostri pazienti. Si stima che l’80% delle persone, almeno una volta nella vita, abbia sofferto di un episodio acuto di lombalgia; colpisce prevalentemente (ma non solo) soggetti di età compresa tra i 30 e i 50 anni.
E’ la prima causa di assenza dall’attività lavorativa e sportiva, ed è la principale causa di disabilità a lungo termine nel mondo.
Il 7% di tutte le visite effettuate dai medici di famiglia è correlato alla lombalgia, e ogni anno la maggior parte dei paesi europei spende tra il 2 e il 3% del PIL per curare il mal di schiena cronico.
Sono cifre davvero enormi!
Stando ai numeri potrebbe sembrare una vera piaga, ma fortunatamente ci sono più notizie buone che cattive.
Nel 90% dei casi alla base del mal di schiena non c’è una patologia grave. In gergo si definisce “lombalgia non specifica”: significa che non c’è nessuna struttura specifica che abbia subìto un danno tale da giustificare il sintomo.
E’ stato inoltre rilevato che il 70-80% delle lombalgie si risolve spontaneamente nell’arco di un mese. Quale struttura seriamente danneggiata può guarire così in fretta?
E il restante 10%? Questa fetta, definita invece come “lombalgia specifica”, merita un’attenzione particolare perché sottende a una reale variazione anatomica di qualche struttura.
Ma anche in questo caso lo scenario raramente è tragico: solo circa l’1% si classifica come “lombalgia specifica grave” e nasconde delle patologie seriamente pericolose (fratture, infezioni, tumori).
Nel restante 5-10% dei casi si tratta di lombalgia con compromissione neurologica, che comprende ulteriori sintomi di gravità variabile: dalla parestesia (formicolio) alla perdita di funzione motoria. In questi casi l’approccio conservativo (farmaci, terapia antalgica, riabilitazione), o nella peggiore delle ipotesi chirurgico, sono delle valide soluzioni al problema.
Buone notizie, quindi: la maggior parte delle lombalgie sono del tutto innocue, anche se molto intense!

in sintesi
il mal di schiena è molto frequente;
nel 90% dei casi è innocuo!
nel 70/80% dei casi passa da solo in circa un mese.
Perché fa male?
Sappiamo tutti che il dolore è di per sè una sensazione sgradevole. Ma è davvero così “cattivo”? In realtà è stato – ed è tuttora – un imprescindibile alleato della sopravvivenza degli individui e dell’evoluzione della specie. Senza dolore non saremmo in grado di mettere in atto tutte le azioni (fuga o reazione) che ci consentono di evitare potenziali pericoli.
La domanda sorge quindi spontanea: “ma quindi se ho mal di schiena è grave, visto che il dolore serve ad avvisarci di una possibile minaccia?”
Per nostra fortuna, la risposta è NO.
Ricordando le percentuali descritte in precedenza, infatti, il 90% delle lombalgie sono aspecifiche, ovvero non sono correlabili al danneggiamento di una struttura anatomica.
Il dolore serve a decidere se è necessario o meno proteggersi dal potenziale (non sempre reale) pericolo.
Ma è anche – e soprattutto – una risposta ad altri svariati fattori, non necessariamente legati al reale danno di un tessuto.
E’ infatti influenzato dal tono dell’umore, dall’apprendimento avvenuto durante le esperienze passate, dalla personale “scala di valutazione” del pericolo, dalla percezione della propria fragilità o capacità di resistenza a eventi avversi.
Tutti abbiamo avuto esperienza di qualche ferita o piccola contusione inavvertitamente procurataci durante una situazione di divertimento o di concentrazione: a meno che l’evento traumatico non sia di consistente entità, ci si accorge dell’accaduto solo alla vista della cicatrice o dell’ematoma, magari il giorno successivo.

La stessa piccola ferita, procurata in una situazione di stress o in un momento di tristezza, tende a disturbarci molto di più, fino anche ad avere reazioni emotive non proporzionate al reale danno.
Funziona all’incirca come un allarme antincendio: il suo compito è quello di avvertirci nel malaugurato caso in cui il pericolo sia reale e la casa sta andando a fuoco, ma potrebbe suonare anche solo se sta bruciando l’arrosto in forno!
Occorre tenere bene a mente questo concetto, per superare la convinzione che dolore significhi necessariamente danno.
in sintesi
il dolore in realtà è un nostro alleato, ci avverte che qualcosa non va;
nel caso del mal di schiena, non c’è quasi mai una reale minaccia;
il dolore è influenzato da molti fattori, ad esempio l’umore;
dolore non significa danno!
I motivi per cui si percepisce un dolore lombare possono essere innumerevoli, e non sono solo legati al sistema muscolo scheletrico. Per comodità, di seguito li divideremo in “fisici” e “non fisici”.
Motivi FISICI
Sedentarietà
che si svolga una professione di ufficio o in cantiere non ha importanza. L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda, nei soggetti adulti, un minimo di 150 minuti di esercizio fisico moderato settimanale (o in alternativa, minimo 70 minuti di attività intensa).
Oltre agli effetti benefici sull’apparato cardiovascolare e sulla prevenzione di patologie croniche (come ad esempio diabete, ipertensione) e cancro, l’attività fisica regolare è un modo di mantenere allenata la struttura muscolo scheletrica.
Ai pazienti facciamo spesso questo esempio: i calciatori professionisti, che raramente superano i 35 anni di età, si allenano quotidianamente per poter garantire prestazioni al 100% durante la partita della domenica, e per ridurre al minimo il rischio di infortuni. Come si può pretendere che a 40-50 anni si riesca a lavorare dando il 100% 5 giorni su 7, come se si dovesse affrontare una partita al giorno, senza allenarsi per farlo?

Sovrappeso
Solitamente è associato alla sedentarietà. La presenza di massa grassa in eccesso richiede un surplus di lavoro a carico di tutti i muscoli, in particolare di quelli della schiena e degli arti inferiori.
Per fare un paragone, è noto a tutti che un’automobile consuma più carburante quando trasporta quattro passeggeri e i bagagli rispetto a quando ad occuparla è solo l’autista.
Un cattivo stile di vita alimentare conduce inoltre a uno scorretto apporto nutrizionale con conseguente disbiosi intestinale, sindrome metabolica, aumento di citochine infiammatorie in circolo; a questo si associa, tra le altre conseguenze (rischio cardiovascolare, diabete) un aumentato rischio di lombalgia cronica. Per tornare all’esempio dell’automobile, tutti sappiamo che un carburante di cattiva qualità induce il motore a “girare” male.

Fumo di sigaretta
Fumare provoca l’ostruzione delle arterie e quindi una cattiva ossigenazione di tutti i tessuti, ossa e muscoli compresi. Un tessuto poco ossigenato è in cattiva salute, si stanca più facilmente, e ha bisogno di tempi di recupero più lunghi dopo aver lavorato.

Scarso riposo notturno
E’ un’altra abitudine “complice” del mal di schiena. Non dormire un adeguato numero di ore impedisce all’organismo di completare tutti i processi riparativi che avvengono spontaneamente durante il sonno.
Di giorno consumiamo energia, utilizziamo intensamente il nostro corpo (schiena compresa); abbiamo poi bisogno di rifiatare e di eseguire la “manutenzione ordinaria”. Per essere efficace deve durare un certo numero di ore, normalmente 8.

Motivi NON FISICI
Sono senza dubbio i più subdoli: sono difficilmente riconoscibili e di conseguenza più difficilmente modificabili.
La comprensione di questi meccanismi è inoltre relativamente recente e in continua evoluzione, e dunque prima che siano radicati nella cultura di massa sarà necessario del tempo.
Fortunatamente i professionisti più aggiornati sono al passo con questi “nuovi” concetti, e rappresentano un ottimo aiuto per gestire al meglio la lombalgia.
Stress
E’ troppo spesso additato come LA causa di tutti i mali. Come abbiamo visto non è così: esistono molte cause organiche per il mal di schiena, così come per tutte le malattie.
E’ comunque un fattore importante da tenere in considerazione: l’ansia, la depressione, lo stress sono fonte di eccessiva attivazione muscolare (si mette in moto l’ancestrale preparazione alla fuga o alla lotta, grazie all’attivazione del sistema ortosimpatico e alla produzione di adrenalina). I muscoli quindi si affaticano maggiormente, poiché indotti a lavorare in eccesso.
L’eccessiva attivazione del sistema ortosimpatico induce inoltre una lenta ma costante riduzione della massa muscolare, che viene utilizzata come fonte di energia per sopperire all’aumento del fabbisogno, con conseguente riduzione della forza.
Diversi studi hanno inoltre dimostrato che lo stato di ansia e la depressione modulano la percezione del dolore, aumentandola.

Il sistema di credenze (ovvero, ciò di cui siamo convinti)
Ma la questione principale per quanto riguarda le cause non organiche del mal di schiena riguarda le nostre credenze, ovvero le convinzioni profonde che tendiamo ad avere riguardo il dolore in generale, e la lombalgia in particolare.
La società ci condiziona fin da piccoli nell’apprendimento, nel giudizio e nella gestione del dolore: il messaggio che mediamente passa è che il dolore sia una sensazione “cattiva”, “sbagliata”, da evitare a tutti i costi.
Ci viene insegnato tutti i giorni, con messaggi più o meno espliciti, che dobbiamo essere sempre efficienti, sempre al massimo della forma. Che non possiamo farci bloccare dal dolore, perché non ce n’è il tempo.
Basta pensare al vertiginoso aumento di casi di overdose da farmaci antidolorifici negli USA (secondo l’AIFA, tra il 1999 e il 2010, la percentuale di decessi per overdose causata da antidolorifico ha subito un aumento del 400% tra le donne).
Su questa tendenza alla catastrofizzazione si fonda il falso mito che dolore = danno, a cui abbiamo accennato in precedenza. Questa convinzione è probabilmente la maggiore responsabile della lombalgia cronica.
In cosa credevamo in passato?

Fino agli anni ’80 la stessa comunità scientifica ha contribuito ad alimentare quello che oggi è considerato un falso mito, a causa delle conoscenze disponibili all’epoca:
- si sosteneva che se si solleva un peso in maniera sbagliata i dischi intervertebrali vanno incontro a un’ernia: fortunatamente, come abbiamo visto le ultime evidenze dimostrano che le protrusioni fanno parte del normale invecchiamento della colonna; addirittura, circa il 20% dei pazienti con ernia non sente dolore, e scopre di averla facendo esami per motivi diversi rispetto al mal di schiena;
- si sosteneva che chi svolge professioni che richiedono grossi sforzi fisici si rovina irrimediabilmente la schiena; in realtà le alterazioni più comuni (artrosi, discopatie, protrusioni) sono quasi garantite a partire dai 20 anni di età. Fortunatamente adesso sappiamo che la questione non è solo “quanto sovraccarico la colonna”, ma soprattutto “quanto mi alleno, al di fuori del lavoro, per poterla sottoporre a carichi importanti”;
- in caso di mal di schiena si consigliava di interrompere qualunque attività fisica per evitare di peggiorare ulteriormente il problema in caso di mal di schiena, raccomandando il riposo a letto. Tranne nei casi di lesione seria come la frattura, dove l’immobilità è assolutamente necessaria, negli ultimi anni si è visto che in assenza di danni (lombalgia aspecifica, ovvero il 90% dei casi come abbiamo visto) il tempo di guarigione si riduce sensibilmente mantenendosi attivi nonostante il dolore.
Il focus era quindi esclusivamente sulle cause organiche/meccaniche, ignorando che la percezione del dolore è influenzata da tanti altri fattori, più importanti della stessa meccanica della colonna, come abbiamo visto.
Si è sempre cercato di “trovare un colpevole” della lombalgia con RX, risonanze magnetiche, TAC; e si credeva che protrusioni discali, artrosi, riduzione di spessore dei dischi intervertebrali fossero sempre gli unici responsabili del dolore.
La stessa cultura di massa tuttora è orientata verso questa visione: quante volte si sente dire “ormai ho la schiena distrutta, chissà quante ernie ho”, oppure “questo lavoro lo faccio fare a qualcun altro, perché io ho la schiena delicata”, o “soffro di mal di schiena da anni, devo andare dal medico a farmi prescrivere una risonanza magnetica”.
E oggi invece, che cosa sappiamo?

In realtà potremmo affermare che protrusioni, artrosi, degenerazioni discali sono paragonabili alle rughe sul volto: a partire dai 25-30 anni iniziano ad apparire, ma sono del tutto innocue per la salute.
Già a 20-22 anni il 48% ha una degenerazione discale e il 25% presenta una protrusione, per arrivare all’età 50-55 anni a cui il 90% delle persone presenta degenerazione discale.
Se l’80% delle lombalgie acute si risolve spontaneamente in un mese, significa che fortunatamente non è poi così grave, anche se molto dolorosa.
Per contro, circa il 20% dei pazienti con ernia o protrusione inoltre non riferisce dolore. Quale danno realmente pericoloso non comporta alcun sintomo in una percentuale così alta di persone?
Le comuni alterazioni rilevate con gli esami non rappresentano altro che il normale processo d’invecchiamento che inizia già in giovane età, ma il corpo è una macchina meravigliosa che se posta nelle condizioni favorevoli è in grado di risolvere la maggior parte dei problemi da sé.
Il dolore lombare quindi non nasconde quasi mai nulla di preoccupante, indipendentemente da quanto intenso sia! Anche se insopportabile, nel 90% dei casi il dolore non dice nulla di ciò che realmente sta accadendo alla schiena.
Ovviamente non intendo affermare che la diagnostica strumentale sia inutile. Anzi, è uno strumento indispensabile nelle mani del medico per escludere patologie di ben maggiore gravità come fratture, lussazioni, lesioni midollari, tumori. Fortunatamente, come abbiamo già visto, queste sono eventualità molto poco probabili (1-2% dei casi).
NON sto affermando che il dolore sia inventato. In NESSUN caso! Sto semplicemente analizzando quali altri sono i meccanismi coinvolti nella sua generazione e percezione.
La catastrofizzazione del dolore e la convinzione che a un dolore corrisponda un danno portano spesso alla cosiddetta kinesiofobia, ossia alla paura di muoversi dovuta a una sensazione di vulnerabilità. Ci sono innumerevoli esempi nella vita quotidiana: “non solleverò questo scatolone, altrimenti poi sarò costretto a riempirmi di antidolorifici”; “mi piacerebbe tornare a correre, ma di sicuro mi tornerebbe il mal di schiena”.
La fobia del movimento induce a compiere gesti stereotipati, rigidi e più lenti, in protezione della colonna vertebrale. Nel lungo termine questa modalità di muoversi porta ad avere una schiena meno allenata e quindi meno sana, meno forte, meno elastica, meno reattiva.
Ecco perchè abbiamo affermato che il falso mito “dolore = danno” è considerabile come una delle principali cause non fisiche di mal di schiena cronico!
in sintesi
esistono molte cause del mal di schiena, individuabili nello stile di vita (cause fisiche) e nella sfera psicologica (stress, convinzioni non veritiere che abbiamo)
molti falsi miti sul mal di schiena sono ancora radicati nella nostra cultura, anche se ormai superati
generalmente ci si spaventa più di quanto necessario per il mal di schiena
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